Il consumatore medio ha sempre ritrovato il lusso della sua catarsi mandibolare nel letto di rucola, vero ninnolo, vero porto in cui fare approdare le ganasce , vera lettiera e addobbo su cui adagiare cibarie schifose ma ravvivate e falsificate dall’erba moquettata.
Tipico di ristoranti che si sono evoluti dall’antipasto mari e monti al maquillage fatto con la fetida lettiera contenitiva, tutta erbacce acidule e salute presunta, il letto di rucola copre benissimo i sapori di cibi scadentissimi.
Ristoranti dove si incagliano le cresime e le mangiate domenicali delle famiglie fagocitanti di noi massa, obesi, cugini sbandati, cugine laureande, padri alcolisti, madri bellissime, figli insaziabili ed esagitati, zio depresso .
Tutti accomunati dall’idea di avere un certo gusto. Sennò perché andrebbero proprio lì? A loro nessuno li frega.
Tranne appunto il letto di rucola: malinconioso sostrato, tappeto decorativo, zolla riempitiva.
Tutto falso naturalmente, ma tutto con un tono, uno status.
La logica del letto di rucola fa subito pensare allo Chagall rubato e ritrovato a casa di Bettega.
Al porto di Savona un rumeno membro dell’equipaggio di uno yacht di facoltoso americano moribondo e in America appunto a morire, ruba il quadro e lo sostituisce con una crosta. L’americano muore, lo Chagall vero svanisce, nello yacht resta il letto di rucola della crosta falsa. Il figlio se ne accorge ma tardi e denuncia gli ignoti.
Lo Chagall, passando per mezza Europa, approda ad un gallerista di Bologna.
Bettega è figlio di un operaio Fiat e adesso è giustamente miliardario e sa che, nell’ambito dello status simbolico, poter sfoggiare uno Chagall dà punti di cultura vera, a peso. Punti da sfoggiare nelle cene con Moggi .
L’astuto gallerista bolognese intanto è riuscito a farsi rilasciare dalla Fondazione Chagall una “nuova” autentica. Il dipinto rubato è ora accompagnato dall’expertise e da una falsa dichiarazione di vendita creata “ad arte” ed attribuita in modo fittizio ad un inconsapevole collezionista bergamasco.
Un cortocircuito tipico della logica della rucola, in cui il vero e il falso si mescolano mirabilmente: falso venditore, vera certificazione, vero quadro falsamente comprato perché rubato.
La faina convoca allora subito l’acculturabile Penna Bianca, suo cliente privilegiato . L’uomo è giustamente goloso d’arte e di riscatto sociale e di tanta estetica che non sia quella dei “Grandi pittori illustrati” ma quella vera, su tela.
Bettega però, memore dei tagliagole frequentati per una vita nell’ambiente juventino, non si lascia impressionare troppo. Almeno così crede.
Lo Chagall non se lo compra. La volpe bolognese in compenso gli rifila tanto per gradire un bel letto di rucola come antipasto: una stampa fotografica su tela, spacciandoglielo per un vero Morandi. Tanta cultura pure a casa Bettega ma falsa che però pare più vera del vero ed è persino su tela.
Bettega, preso da senile incantagione e convinto di avere fatto l’affare, ritorna mesi dopo e si compra anche il bouquet di Chagall. Entra così nell’olimpo di grandi collezionisti d’arte come Mike Tyson e Capello.
Ma non paga. Rifila al bottegaio il suo personale letto di rucola e si sgrava di alcune opere della sua collezione. Collezione piena di falsi come insegna la collezione di croste di Callisto Tanzi.
Il bolognese abbocca, Bettega anche, entrambi distesi, mano nella mano, su un letto di rucola.